Finalmente sei arrivata, ti ho atteso negli ultimi giorni con un misto di emozione, malinconia, paura. Ed ora sei qua, tra le mie braccia, piccolo miracolo della vita. Il giorno in cui mi sono sentita davvero pronta ad affrontare il parto è stato quando il cerchio ti ha salutato con un rituale quasi tribale, ogni mamma col suo bambino ha dipinto un pezzo della mia pancia, mentre noi immobili abbiamo raccolto tutta l’energia di quei gesti. Non ti avevo mai sentita così vicina come in quel momento, momento che ho coltivato vivo nella memoria, sapevo che durante il parto ne avrei avuto bisogno, e così è stato. Poi è arrivata quella nottata così diversa dalle altre, io e Luca nel letto senza riuscire a prender sonno, entrambi ci svegliamo più volte, siamo agitati. La pancia si contrae e ogni contrazione porta un lieve fastidio, ma so che non è ancora il momento. Mi sveglio al mattino e sento che sarà una giornata diversa dalle altre, sento che ormai ci siamo. Dopo pranzo vengono Marilena e Cristina a casa per fare due chiacchiere, vedono il mio viso cambiato. Le contrazioni continuano irregolari, ma tutte si fanno lievemente sentire. Esco con Samuele mentre Olivia è alla lezione di circo, ci facciamo una passeggiata e una breve sosta al parco. Verso le 19 tornano Luca e Olivia, lei già dorme, la mettiamo a letto e prepariamo la cena. Le contrazioni cominciano ad essere più ravvicinate, diventano regolari, ogni 8 minuti, perdo il tappo, ora so per certo che è arrivato il momento. Facciamo tutto con calma, il mio corpo mi dice che non c’è fretta, mangiamo, portiamo i bambini a casa dei nonni, li mettiamo a letto. Siamo sereni, nessuno sospetta, la nascita imminente di Marta rimane protetta nella nostra intimità, solo noi sappiamo. Chiamo Marilena e Cristina, le avviso che è quasi ora ma che possono venire con calma, ci teniamo un po’ di tempo per prepararci. Mi faccio una doccia e prararo la sala. Saluto li mondo fuori abbassando le tapparelle, accendo degli incensi indiani, una lampada e delle candele, posiziono per terra un materasso e metto la musica che ci ha accompagnato nell’ultima settimana. Avevo sempre pensato che non avrei partorito in sala ma ora sento che è l’ambiente perfetto. Le contrazioni sono ancora leggerissime, sento il bisogno di camminare e di avere Luca vicino. Camminiamo, ci abbracciamo. Dopo poco arrivano Cristina e Marilena, confesso che ho un po’ paura, so che entro poche ore dovrò farmi attraversare da quel vortice di dolore, l’unica via per arrivare alla nascita. Le ostetriche percepiscono la sintonia che c’è tra me e Luca e ci lasciano soli, non vogliono interferire, sono riuscite a capire questo mio desiderio di voler vivere questa nascita nella più totale intimità. Vedo come è già cambiata la mia pancia, Marta è scesa e la parte più alta ora è completamente vuota. Le contrazioni aumentano di intensità molto lentamente, mi lasciano lunghe pause per riposarmi, le accolgo cantando e abbracciando Luca. Mi sento ancora lontana, ci godiamo la lentezza e la dolcezza di questo travaglio, ma sono consapevole che da un momento all’altro potrebbe cambiare tutto. Mi concentro su Marta, ripenso alla tenerezza dei mesi nella pancia, ripenso alle mamme del cerchio, alla loro energia che ora sento essermi così vicina. Ed ecco che le contrazioni cambiano, aumenta l’intensità, aumenta il dolore, cambia la mia voce durante il canto. Luca, Marilena e Cristina se ne accorgono e cominciano a massaggiarmi. Il contatto allevia il dolore, mi da forza perché non mi sento sola. Entro nel vortice, rilascio trasportare, perdo la concezione del tempo. Improvvisamente sento voglia di spingere, sono dilatata e non mi sembra vero di essere già arrivata fino a questo punto. Assecondo dolcemente la voglia di spingere, poi improvvisamente una cascata di acqua calda tra le mie gambe, è il mare che ha cullato Marta in questi mesi che scivola via. Sono tante ore che sono in piedi, provo a cambiare posizione, mi metto a carponi appoggiata a un tavolino. Luca mi è sempre accanto. Le spinte sono sempre più forti, Marilena mi dice che ci vorrà ancora un po’ di tempo, il collo dell’utero forma un gradino che blocca l’uscita di Marta. Per un attimo mi prende le sconforto, il dolore è tanto, le mia gambe diventano rigide, devo cambiare ancora posizione. Torno in piedi ma non mi ci trovo più. Provo a sdraiarmi a terra su di un fianco, appoggio la gamba sinistra alla spalla di Marilena. Con un dito provo a sentire dove è Marta, le tocco la testolina e questo mi da coraggio. Spingo con tutta la forza che ho, ed ecco quella meravigliosa sensazione, il mio corpo è nuovamente attraversato dalla vita. E’ una sensazione morbida, per niente dolorosa. Dopo un’ultima spinta Marta è finalmente tra le mie braccia, bellissima come la immaginavo. Non mi sembra vero. E’ una gioia immensa. Coi suoi occhi vigili mi osserva a lungo, ci riconosciamo. Dopo una ventina di minuti un’altra spinta ed esce la placenta, sua compagna di viaggio. La guardiamo e la teniamo attaccata al suo cordone per qualche ora. Ci godiamo questa intimità, questo momento solo nostro. Marta è stata una tigre, è uscita in un lampo nonostante fosse in posizione sacrale con due giri ci cordone attorno al collo. Sento la sua forza dell’essere donna, quella forza che si esprime nella sua massima potenza durante la nascita. Anche lei come Olivia e Samuele è riuscita a stupirmi, sento che non potevo regalarle nascita migliore e mi commuove la sintonia che c’è stata tra di noi in queste ultime 48 ore. I bambini sanno, sanno meglio di noi quando è il momento giusto per venire al mondo. Grazie mia piccola Marta per avere riacceso in me la sicurezza e la fiducia nelle capacità del mio corpo.